giovedì 13 novembre 2014

Scultura creata da Matteo Valenti

12 Novembre 2004 12 Novembre 2014 DIECI ANNI SENZA “UN MONDO MIGLIORE E' POSSIBILE” E’ una ricorrenza importante quella di oggi, 10 anni senza, come dice la locandina 3.650 buchi, 10 anni di vita rubati a lui e alla sua famiglia. Perché la scomparsa di Matteo coinvolge molto di + che la storia di una giovane vita, entra violentemente nella vita di tutti noi, sia individualmente che come collettività. Dopo il dolore, siamo stati inondati da una grande desolazione, quella di trovarci di fronte a persone che dovrebbero avere il compito di dirigere, analizzare, comprendere, trovare la verità, ma non lo hanno fatto, continuano a non farlo, spesso perché incapaci, spesso perché non vogliono. E allora senti parlare di fatalità, di incidenti imprevedibili, ma di chi parlate? Forse parlate di mio figlio che non c’è più? Non è possibile, per una famiglia questo è scioccante: da quel momento in poi si perde il senso della sicurezza e della protezione che faticosamente e giornalmente tutti tentiamo di costruire. Ci rimane il dolore e ci rimangono le difficoltà quotidiane, ora moltiplicate per mille, ci rimane la rabbia quando ci scontriamo con il fatto gravissimo che non c’è certezza della pena. Se tutti coloro che applicano le leggi, analizzano, decidono le nostre sorti, agissero con onestà, competenza e senso civivo, magari le famiglie duramente colpite da un lutto, non smetterebbero di perdere speranza nella giustizia, nelle istituzioni e si sentirebbero meno umiliate. Purtroppo il tempo scorre, costante e inesorabile e nulla viene risolto, si dimentica, non se ne vuole più parlare, il ricordo è nostro, non loro, i processi sono lunghi e si perde di vista che il processo nasce per accertare i responsabili di chi ha provocato morte, di chi ha interrotto una vita. Nei processi, la giustizia fa fatica ad affacciarsi e i colpevoli continuano a sedere nelle stesse poltrone, anche quando sono indagati, oppure continuano a condurre la vita di sempre, come se nulla fosse. E così, lentamente, ci si abitua a tutto, ci si abitua a questa corsa frenetica verso un qualcosa che è diventato un’ossessione, il denaro, abbiamo scambiato la felicità e la serenità con il possedere, ci si abitua a non avere giustizia, a vedere le nostre città sporche e degradate, le scuole pericolose, ci si abitua alla distruzione dell’ambiente dove stanno crescendo i nostri figli, alla lentezza di cose e azioni che non arrivano mai, e che ti sfiniscono, ci si abitua al brutto, alla corruzione delle cose e dei sentimenti, alla rassegnazione dettata dalla stanchezza e dall’impotenza, ci si abitua ad una macchina di fango che ormai procede da sola, ed ha perso di vista l’essere umano, il cittadino, il bambino, le cose buone e sane. La chiamerei la strage dei cervelli. A noi cosa rimane? Sembrerebbe NIENTE. Invece no, rimane un compito importante, quello di non abituarci a tutto questo, quello di reagire per ridefinire gli obiettivi fondamentali per un Paese, per una città, che vogliono chiamarsi civili. Noi vogliamo cambiare la storia perché riprenda la giusta camminata, vogliamo cambiare la mentalità dilagante per cui conta solo il profitto anche a costo anche di vite umane. Noi, che abbiamo perso tutto, siamo i custodi e gli attori di questo nuovo percorso, ecco perché ci siamo riuniti in un Coordinamento Nazionale, proprio per essere più forti, perché il nostro dramma possa diventare una lezione di vita utile agli altri, perché le nostre storie sono tutte simili e insieme dobbiamo vigilare sulle sentenze, dobbiamo essere i guardiani della politica, della magistratura, delle istituzioni. Dobbiamo vigilare sul pocesso per la strage di Viareggio che ha messo in ginocchio troppe famiglie. Vogliamo la certezza della pena, è un nostro diritto. Siamo stanchi delle parole, della commozione dopo le stragi, dei messaggi di cordoglio, del cerimoniale che dura poche ore. Il nostro lutto è per sempre. Quindi vogliamo fatti concreti. Le morti sul lavoro non sono eventi ineluttabili, dobbiamo superare la mentalità fatalistica perché dietro ogni morte sul lavoro c’è sempre una causa specifica, un errore evitabile, un controllo che doveva essere fatto. Nei luoghi di lavoro si vive nella costante e accettata illegalità e non è vero che i morti sono diminuiti, non sono dati attendibili, il lavoro non c’è più. Ci ha lasciati sbigottiti la motivazione che la Cassazione ha dato per rimandare in appello il processo della ThyssenKrupp, rischio lecito, ovvero se si va al lavoro, si può morire. Ci ha lasciato sbigottiti la pena inflitta ai responsabili della morte di Daniele Franceschi, umiliante. Non è una bella pagina per la giustizia. Per avviarci in questo percorso sano e di merito, il Comitato M.V., 10 anni fa, ha scelto le scuole, ha scelto la cultura della prevenzione, coltivarla e crearla nei luoghi di lavoro e negli ambienti di vita, insieme agli studenti. La scuola è il luogo ideale da cui partire, i ragazzi possono crescere con questi sani principi, con questa cultura e trasmetterla in famiglia, tradurla in azioni concrete e in un agire più attento dato che saranno i lavoratori e gli imprenditori di domani Questo è quello per cui ci impegniamo da anni, questo è il lavoro che ci ha dato grandi soddisfazioni, e stamani siamo qui per promuovere due Video SPOT sulla sicurezza realizzati dai giovani studenti di due scuole medie inferiori, Ist.Gragnani di Torre del lago e Scuola medie Lenci del Varignano. Da questi video, e da tanti altri lavori raccolti, si tocca con mano quanto i ragazzi, partendo da una storia vera, di un giovane 23enne, hanno compreso il nostro messaggio. Qui con noi, anche le inseganti che li hanno guidati in questo percorso, Elisabetta Lembi e Tiiti Lotti. Ma c’è un altro obiettivo importante che il Comitato è riuscito a raggiungere, la nostra Associazione si costituirà parte civile in tutti processi di infortuni mortali della prov. di Lucca e questo grazie al lavoro di quattro avvocati che prestano la loro attività all’interno del Comitato: Maurizio Dalla Casa, Tiziana Pedonese, Tiziano Nicoletti, Andrea Bagatti che ringrazio. Viareggio è la città di Matteo, una città rimasta senza parole quando un grave incendio si sprigionò nell’azienda Mobilioil, dove lavorava da pochi giorni e lo lasciò senza speranza di vita. Il 12 Novembre alle ore 12,00 ci sarà una cerimonia che rende felici noi familiari e amici. Verrà intitolata a Matteo, la Banchina davanti al Lungo Canale Est, dove lui ha trascorso la sua infanzia, felice. Vi aspettiamo Comitato Matteo Valenti Cenni biografici 08/11/2004 scoppia un incendio presso la ditta MOBILIOL di Pietro Martinelli, dentro c'è Matteo Valenti, 23 anni, assunto da pochi giorni come apprendista, non è stato formato. Pietro Martinelli, titolare e responsabile per la sicurezza, non è presente 12/11/2004 Matteo Valenti muore per le gravissime ustioni riportate in tutto il corpo Nel 2005, amici, parenti, familiari si riuniscono, colpiti dall'assenza di informazioni e dall'iter procedurale;dopo pochi mesi nasce: il Comitato Matteo Valenti che inizia a lavorare e a lottare per un processo e a raccogliere 3.500 firme in pochi mesi e Inizia contemporaneamente la battaglia per la sicurezza nei luoghi di lavoro, e l'informazione orientata soprattutto verso le scuole Il Comitato inizia ad essere presente in molte manifestazioni dove si parla di sicurezza, giustizia, abbandono dei familiari all'indomani di un grave lutto, inizia anche una rete di condivisione con altri comitati che si battono per gli stessi scopi Partecipa a molte trasmissioni televisive, scrive articoli sui giornali, rilascia interviste sui temi riguardanti gli scopi dello statuto

Nessun commento:

Posta un commento